EAT COACH®

 

Leggendo questo “titolo” verranno spontanee alcune domande:

  1. Che cos’è un Eat-Coach?
  2. Cosa fa?
  3. A cosa serve?
  4. Perchè?

La risposta è semplice: l’Eat Coach è un professionista che, a dispetto delle oltre 2000 diete di moda che sono nate negli ultimi 30 anni, delle diverse correnti di pensiero che si scontrano continuamente in ogni dibattito televisivo e degli aspetti prettamente economici (… puoi perdere 10 kg in pochi giorni …) volti solo a far nascere il desiderio di un nuovo prodotto spesso inutile, cerca di fornire gli strumenti necessari ad interpretare i messaggi che il nostro cervello riceve continuamente.

L’Eat Coaching è una educazione psico-nutrizionale che ha lo scopo di allontanare quanto più possibile il nutrimento da tutti gli altri aspetti che la “civiltà” ha voluto accomunare al vitale atto di nutrirsi.

La prima cosa che facciamo nascendo è essere collegati ad un capezzolo.

Quell’atto non è solo semplice nutrimento ma racchiude anche la capacità di trarre dal calore del capezzolo materno la sicurezza necessaria ad affrontare la vita.

Poi si cresce.

E divenendo adulti si dovrebbe diventare in grado di apportare sicurezza a coloro che, non ancora divenuti tali, necessitino di sostegno e protezione.

Molto spesso però, in questa società caotica e terribilmente stressante si finisce per diventare, anche da adulti, simili a bimbi impauriti alla ricerca del piacere.

Allora spesso si finisce per tornare all’atavico piacere provato durante l’allattamento.

Il cibo, il fumo e l’alcool sono solo “trasposizioni” e rappresentazioni accettabili di un ciuccio in lattice che, in età adulta, farebbe vergognare di sé.

Non c’è nulla di sbagliato nel sentirsi insicuri.

Non c’è nulla di sbagliato nel cercare piacere nel cibo o nell’alcol o nel fumo.

La sola cosa sbagliata, frutto del nostro tempo, è cercare il dimagrimento e la salute volendo continuare ad usare la bocca in modo improprio.

L’Eat Coach serve solo a questo … a far capire che non potremo avere tutto e che, qualsiasi cosa vorremmo, dovremmo sapere dove cercarla.

LA STORIA

 

Il genere umano ha accettato la fame e l’ha vissuta fin dagli albori della propria evoluzione.

La natura non è mai stata benevola nel distribuire ai suoi abitanti il nutrimento necessario per la sopravvivenza.

Ogni specie animale si è sempre trovata su un apposito gradino della scala alimentare e la lotta, fra prede e predatori, si è combattuta ogni singolo giorno al fine di assicurarsi la possibilità di veder sorgere il sole il giorno successivo. Questo meccanismo ha sempre contraddistinto ogni essere vivente in quanto facente parte di un sistema di entrate ed uscite pressoché perfetto.

La caccia richiede energia, nutrirsi della preda o del raccolto ne fornisce.

Poi, un giorno, la civiltà dell’uomo, ha alterato questo equilibrio perfetto.

Il progresso, pur creando indiscutibili vantaggi ed irrinunciabili invenzioni, ha sostituito – nei paesi ricchi – la savana o il bosco in cui cacciare oppure la barriera corallina in cui pescare con imponenti strutture in grado di fornire una quantità di cibo mille volte superiore a quanto sarebbe sufficiente alla sopravvivenza.

Il risultato è stato l’annullamento della naturale attività fisica necessaria a procacciarsi il cibo e la contemporanea enorme offerta di alimenti, sapori, gusti, cibi e pietanze prima inesistenti.

Grazie a questo processo evolutivo, l’uomo, ha iniziato invece ad involversi smarrendo il naturale equilibrio fame/sazietà ed iniziando ad usare il cibo come sostituto di qualsiasi pulsione.

Oggi si mangia per carenze, solitudine, mancanze, noia, rabbia, gelosia, delusione, dolore, gioia, per stare in compagnia, per essere accettati, per disperazione ma non si mangia più per il solo motivo per il quale lo si dovrebbe fare: per rimanere vivi.

Giunti quindi a questo assurdo paradosso, gli uomini, dopo aver inventato la “droga” (cibo) e quindi generata una dipendenza (traendone profitto), hanno ben pensato di inventare anche la “cura” (dieta).

In questo modo, i guadagni in termini economici, sono addirittura raddoppiati. Da una parte le aziende propongono e pubblicizzano cibo-spazzatura come non se ne potesse socialmente o palatalmente fare a meno, dall’altra poi, in totale contraddizione, vengono proposti modelli estetici che ovviamente creano un diffuso senso di inadeguatezza collettivo.

Il sistema delle diete, intese come restrizione calorica, ha già fatto il suo tempo.

Nessuna dieta, intesa come castrazione e privazione, potrebbe mai sortire un effetto duraturo. Il nostro cervello non accetterebbe che qualcuno ci imponesse come respirare o con quale “cadenza” orinare; allo stesso modo è assolutamente IMPOSSIBILE che qualsiasi strategia alimentare volta a TOGLIERE dei cibi dalle nostre bocche affamate sia in grado di permettere un dimagrimento stabile.

Da oltre un trentennio si sono generate e diffuse decine di figure esperte in grado di proporre scientificamente un corretto metodo alimentare. Il solo problema è che, dette figure, non sortiscono altro effetto che quello del patologo che proibisca il fumo ad un paziente che ritiene che non potrebbe vivere senza.

La coercizione non è mai risolutiva.

 

La scelta, invece, lo è.

 

Il Dietologo, il Dietista, il Nutrizionista o il Diet-Coach sono figure importanti ma che hanno spesso (non sempre, per fortuna) il solo scopo di imporre l’uso di 40 grammi di pasta anche a coloro che, per tentare di riempire il vuoto interiore col quale sono costretti a convivere, necessiterebbero di almeno 400 grammi della suddetta pietanza! Il risultato sarà comunque un breve ed iniziale rispetto delle programmazioni prescritte e poi, dopo poche settimane, un impercettibile e silenzioso allontanamento (adducendo le scuse più originali: tempo, stress, festività, patologie dei parenti, ferie, litigi ecc.) per finire con un premeditato abbandono totale, con conseguente recupero del peso perso.

La differenza tra le figure preesistenti che si occupano professionalmente di alimentazione è che, mentre “loro” insegnano a non-mangiare, l’Eat-Coach si pone in un’ottica essenzialmente opposta: egli infatti insegna a mangiare.

La differenza è lo spazio che intercorre tra vivere per mangiare e mangiare per vivere.

Niente misurazioni, niente strumenti, niente bilance, niente stress, nessun controllo morboso del peso o dello specchio o della taglia.

La vita offre già, gratuitamente, una enorme quantità di stress … perchè aumentarlo?

Ricordate sempre che, per dimagrire, non si deve in nessun caso impoverire la propria tavola di cibo … ma si dovrà arricchire la propria esistenza di piaceri.

La cosa è più facile da esporre di quanto lo sia nell’applicazione pratica, ma posso assicurarvi che se esiste un modo per dimagrire e non riprendere mai più il peso corporeo, quel modo consiste nel capire che il cibo, per quanto buono o gustoso possa essere, non sarà mai in grado di riempire quel vuoto che alberga nel nostro cuore.

Il cibo, per la stragrande maggioranza dei casi, è solo cibo.

Altro non è che le feci che evacueremo domani.